Da quando è stato introdotto in Europa, proveniente dalle Americhe, il mais ha sicuramente costituito in alcuni territori una risorsa agricola di primaria importanza.
E’ questo per esempio il caso del Veneto, dove la polenta, ricavata dalla macinazione dei chicchi di mais è stata per lungo tempo il piatto principale dell’alimentazione quotidiana della popolazione locale sin dal 1600, quando si introdusse sul territorio l’uso di macinare i chicchi del mais per ottenerne una farina più o meno grossolana da cuocere nell’acqua. Sebbene non fornisca grandi apporti di vitamine la polenta è tuttavia ricca di fibre, di carboidrati e di proteine.
La polenta si diversifica in tante varietà, a seconda del mais da cui viene prodotta. In Veneto la varietà più comune, per lungo tempo, è stata la polenta bianca ottenuta da una varietà di mais denominato biancoperla, che si è acclimatato particolarmente bene nel territorio veneto.
Considerato da sempre un piatto della cucina povera, ma non disdegnata anche dalle classi sociali più agiate, la polenta bianca serviva da accompagnamento a gustosi sughi che potevano essere sia di carne, come la celebre “polenta e osei”, sia di pesce.
Quest’ultimo era non solo il merluzzo, proveniente, conservato sotto sale o affumicato o seccato, dai mari lontani, ma anche quello pescato nelle zone lagunari e nei fiumi, dall’anguilla ai granchi ai gamberi.
Nelle aree montane alla polenta bianca si sostituisce quella gialla, considerata più rustica e meno raffinata come gusto ed aromi, ma in egual modo apprezzata.
La preparazione della polenta ha conosciuto nel corso dei secoli ulteriori varianti, come quella di mescolarla con i gustosi formaggi locali nella famosa ricetta della polenta pasticciata.
Oppure nell’altrettanto nota infasolà, per la quale la polenta viene cotta insieme ai fagioli.
Da non dimenticare polenta e riso, la polenta con il latte ed i tanti sughi di selvaggina con cui essa viene presentata in tavola.